mercoledì 9 giugno 2010

Impariamo da chi c'era!

Con immenso piacere pubblico la lettera del mio amico Pippo, testimone di quel triste e sciagurato giorno in cui l'Italia decise di scendere in guerra al fianco della Germania. Una testimonianza importante che, speriamo, possa essere d'insegnamento per tutti coloro che ancora "credono" nelle guerre ma che non le hanno mai vissute in prima persona. Grazie Pietro!

Il 10 giugno1940 io non c’ero ancora: infatti, sono nato il 19 agosto 1941.
Per scrivere di quel giorno ho quindi “intervistato” mia sorella Giovanna, allora quattordicenne, che ha dato via libera ai suoi ricordi. Lascio quindi a lei la parola :
“La nostra famiglia nel 1940 viveva a Trapani, dove nostro padre prestava servizio presso il Distretto militare in qualità di ufficiale del Regio Esercito. Il 10 giugno era un lunedì caldo con un sole bellissimo e un cielo terso; nelle prime ore del pomeriggio si era diffusa la voce che verso le diciotto il Duce, dal balcone di palazzo Venezia, avrebbe parlato agli Italiani e il Federale di Trapani si era adoperato perché la popolazione si radunasse in piazza per ascoltare il discorso radiotrasmesso dall’EIAR.
Noi rimanemmo a casa ma all’ora indicata accendemmo la radio che avevamo nella sala: era un mobile massiccio completo di giradischi, marca Telefunken, del cui acquisto mio padre era molto orgoglioso. Ascoltammo così dell’avvenuta dichiarazione di guerra alla Francia e all’Inghilterra e dell’entrata in guerra a fianco della Germania. La notizia ci lasciò senza parole. A casa con noi c’era l’attendente di papà, un ragazzo del nord, contadino emiliano, militare di leva, che fu l’unico a commentare (rischiando un rimprovero che non venne) : “ci siamo dati la zappa sui piedi”.
A sera, sotto i balconi della nostra casa passavano gruppi di persone, guidati da fanatici fascisti che scandivano cori entusiastici, ma quelli che venivano dietro avevano una faccia triste e malinconica, quella che i siciliani assumono nei momenti in cui prevale il “disincanto”; si intuiva fin dal primo giorno che la guerra non era per niente sentita dalla popolazione.
Anche noi non tardammo a conoscere la “paura” della guerra: il giorno dopo, l’11 giugno, aerei francesi, partiti da Tunisi, vennero a bombardare Trapani, impunemente, perché non era ancora stata piazzata la contraerea. Io con mia sorella Adele, mio fratello Matteo e la mamma (papà era al Distretto), stavamo sul balcone a guardare i grappoli neri che scendevano a terra, convinti che si trattasse di una esercitazione di nostri aerei. Capimmo che si trattava di bombe solo quando sentimmo gli scoppi e corremmo a sederci sul divano dello studio restandocene irrigiditi con la schiena appoggiata alla parete, come se potesse proteggerci. Le scuole si erano chiuse e l’anno scolastico concluso con anticipo.”

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