venerdì 19 febbraio 2010

Tra sogno e realtà

Sogno spesso come sarebbe andata a finire se avessero vinto gli Indiani. Sogno a come vivremmo oggi se Cavallo Pazzo avesse fatto il culo alle giacche blu o se in Africa le truppe di sua maestà (scusate ma io lo scrivo minuscolo) britannica fossero state spazzate via dalla furia degli indigeni. Io sono convinto che se fosse andata realmente così, oggi il mondo sarebbe un luogo più piacevole nel quale vivere. Utopia? Illusione? Può darsi, ma non ne sono persuaso. Al posto di Wall Street e dei suoi yuppies vedo un enorme e pacifico accampamento popolato dai Pellerossa, con migliaia di tende variopinte, cavalli al galoppo, bimbi intenti a giocare felici nella polvere, e grandi falò sempre accesi per tenere lontani i predatori. Forse in Trafalgar Square si danzerebbe al ritmo dei tamburi e il mondo, così come lo conosciamo noi, oggi non esisterebbe. E' vero, forse avremmo dovuto rinunciare a tante cose e a tante conquiste. Forse la tecnologia, la medicina e la scienza non sarebbero progredite e probabilmente guarderemmo ancora la Luna da lontano, rischiando, in una notte gelida e battuta dal vento, di prenderci una bella polmonite e di lasciarci le penne. Forse non esisterebbero le auto gli aereoplani, i telefonini o gli elettrodomestici. Forse non avremmo i cellulari e neppure internet. Certo, la prospettiva può fare paura, ma siamo veramente sicuri che quella intrapresa sia la direzione giusta? Davvero siamo disposti a pagare qualsiasi prezzo per quello che noi chiamiamo civiltà e benessere? Abbiamo sradicato e raso al suolo foreste millenarie, inquinato quelle stesse acque che ci garantiscono il sostentamento, ridotto alla fame milioni di persone per ingrassare le pance di pochi. Abbiamo combattuto guerre crudeli in nome della democrazia e della libertà. Ma credete davvero di essere liberi? Chi nasce schiavo solitamente non conosce il significato della parola libertà. Forse le generazioni a venire guarderanno a noi con scherno e pietà, compatendoci per l'assurdo e sadico meccanismo che abbiamo creato e che non ci rende padroni del nostro tempo e del nostro essere. Forse ci siamo spinti ciecamente troppo in là e ora ci troviamo sul ciglio del precipizio, indecisi se ingranare la retromarcia o balzare in avanti pestando a tutto gas sulla tavoletta dell'acceleratore. Ma se davvero le bellezze più preziose si celano nelle banalità, allora io, altrettanto banalmente dico che, se avessero vinto gli Indiani, oggi sarei in groppa al mio cavallo e, con il volto pitturato e una piuma tra i capelli, cavalcherei nel vento, felice, fiero e spensierato... Intorno a me solo praterie sterminate e paesaggi selvaggi... Niente auto, niente ciminiere, niente cemento... Gli uccellini cinguettano felici e i ruscelli scorrono impetuosi, con le loro acque cristalline e incontaminate... Le donne lavano i panni sulle rive, i bimbi sguazzano nella corrente...
... Poi mi squilla il cellulare e il sogno svanisce, sciogliendosi come neve al sole. La realtà è di nuovo quella di sempre e il mio fedele destriero non c'è più. Dall'altro capo della cornetta odo la voce fastidiosa del commercialista e a malavoglia mi disfo delle mie penne indiane, mentre sul mio viso, al posto degli sgargianti colori che fino a qualche istante prima splendevano al sole, compare un'ombra di tristezza.
Ma niente paura, la notte è vicina e tra poco è di nuovo tempo di sognare...

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