mercoledì 10 marzo 2010

Via Poma: un'altra vittima

Non ce l'ha fatta più Pietrino. E ha deciso, a modo suo, di dire basta. Quel maledetto giorno del 7 agosto 1990, che ha spezzato la vita della povera Simonetta Cesaroni, ha avvelenato per sempre anche la sua. Arrestato, processato e assolto, l'ex custode di via Poma in questi venti anni ha lottato, urlando la sua innocenza, cercando di dimenticare, di rifarsi una vita. Ma non glielo hanno permesso. E' stato tirato in ballo ancora una, due, tre volte. E sempre scagionato. Ma gli investigatori, che da quel lontano giorno d'estate brancolano nel buio, i giornalisti, affamati di scoop, i testimoni, poi sempre puntualmente smentiti, non hanno mollato la presa. Ma si sa, figuriamoci se in un Paese che non conosce nemmeno il significato del termine "presunzione di innocenza", sia possibile pensare di chiudere i conti con la Giustizia dopo un'assoluzione piena. E così, gli sforzi e i sacrifici di una vita, spesi cercando di mettere da parte i soldi per comprarsi una casa in cui trascorrere serenamente la vecchiaia, sono stati spazzati via. I suoi soldi sono finiti nelle tasche degli avvocati. Ma nemmeno questo è servito a interrompere il sospetto, a mettere a tacere le accuse. Sempre spiato, controllato, accusato. Se ne è andato Pietrino. E' tornato nella sua Terra, a Mareggio, in provincia di Taranto, dove, grazie anche all'affetto dei suoi concittadini, sperava di dimenticare, di uscire una volta per tutte da quel maledetto incubo, di vivere gli anni che gli restavano da persona qualunque. Poi, quando finalmente tutto sembrava finito ecco che che il passato ritorna e la storia ricomincia da capo. Prima con una perquisizione in casa, poi con la convocazione al processo contro Renato Busco, oggi unico indiziato, che sarebbe dovuta avvenire tra pochi giorni. Altri dolori. Per sè e per la sua famiglia. Altri sacrifici, altre umiliazioni, altri soldi da pagare per poter difendersi e, su tutto, di nuovo la terribile ombra del sospetto. Ha voluto risparmiarselo. Soprattutto a suoi cari. Ha deciso di dire basta, con un gesto estremo, l'unico che forse in quel momento ha ritenuto efficace. Ha deciso di dire basta scrivendo, anzi urlando a caratteri cubitali sui biglietti che ha lasciato di lasciarlo in pace, almeno da morto. E ora cosa accadrà? Se mai un giorno questa vicenda arriverà a vedere la parola "fine" e Pietrino Vanacore verrà riconosciuto finalmente innocente, chi pagherà per la sua morte? Chi chiederà scusa a sua moglie e a suo figlio? I magistrati? I giudici? Gli inquirenti? Forse noi tutti...

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